L’aborto, o interruzione volontaria della gravidanza (IVG), è consentito e regolato in Italia dalla legge n. 194 approvato nel 1978. Grazie ad esso, qualsiasi donna per motivi di salute, economici, sociali o familiari può richiedere l’interruzione volontaria della gravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni di gestazione (12 settimane e 6 giorni). Oltre questo termine, l’IVG è consentito solo se la gravidanza o il parto comportano un grave pericolo per la vita della donna o quando vengono accertati processi patologici (anomalie significative o malformazioni del nascituro) che possono determinare un grave pericolo per la salute fisica o la sensitiva della donna.

Iter della IVG

Per ottenere la documentazione da interrompere, la donna deve rivolgersi a un ufficio di consultazione pubblica, a una struttura socio-sanitaria autorizzata a farlo dalla regione o a un medico di cui si fida.

Durante l’incontro vengono effettuate valutazioni della salute, vengono valutate le circostanze che determinano la richiesta di interruzione e vengono valutate le possibili soluzioni. Se vengono rilevate condizioni che rendono urgente l’intervento, alla donna viene immediatamente rilasciato un certificato di urgenza. Con questo certificato puoi andare immediatamente in uno dei centri autorizzati per interrompere la gravidanza. Se non viene rilevata alcuna urgenza, al termine dell’incontro viene rilasciata una copia di un documento, anch’esso firmato dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e la richiesta di interromperlo. La donna è invitata a riflettere per sette giorni prima di rivolgersi alla struttura per un intervento chirurgico.

Anche le donne minori (di età inferiore ai 18 anni) possono richiedere un aborto, con il consenso dei genitori. Se il minore non desidera consultare i genitori o rifiuta il loro consenso, la ragazza può chiedere al giudice di proteggere, attraverso il centro di consulenza, la struttura socio-sanitaria o il medico di fiducia, per ottenere l’autorizzazione all’intervento.

Le donne straniere possono ottenere IVG in Italia, anche se non hanno un permesso di soggiorno.

Attualmente l’intervento viene effettuato in ospedale o in case di cura affiliate. Non tutte le strutture offrono questo tipo di intervento e persino i medici, e il personale sanitario in generale, possono dichiararsi obiettori e non eseguire un aborto.

Il metodo di accesso alle strutture e le analisi richieste variano da regione a regione e, spesso, anche nella stessa città, gli ospedali hanno procedure diverse. Durante i sette giorni di riflessione è possibile richiedere informazioni ed effettuare le analisi necessarie.

Intervento

I metodi attualmente utilizzati per effettuare l’interruzione volontaria della gravidanza in Italia sono:

chirurgico, costituito da isterosuzione (seguito, talvolta da curettage) o, anche se molto raramente, solo nel curettage farmacologico, consistente nella somministrazione di pillole di mifepristone, seguite da prostaglandine, entro le prime sette settimane di gestazione; in caso di aborto oltre i 90 giorni, sto somministrando vaginali prostaglandine con o senza mifepristone.

Nella maggior parte degli ospedali, l’aborto entro 90 giorni viene eseguito come day hospital. Ciò significa che andiamo in ospedale, subiamo un intervento chirurgico e lasciamo l’ospedale lo stesso giorno. Di solito è possibile scegliere tra anestesia generale, sedazione profonda o anestesia locale.

Prevenzione

La legge 194 affida agli uffici di consulenza familiare un ruolo fondamentale nella sua applicazione, prevenzione dell’aborto e sostegno alle donne.

Per coloro che commettono un aborto al di fuori della legge (aborto illegale) sono previste sanzioni.

Le strutture in cui si verifica l’interruzione volontaria della gravidanza devono raccogliere dati sul fenomeno e il Ministero della Salute presenta ogni anno al Parlamento un rapporto sullo stato di attuazione della legge stessa (Rapporto Legge di attuazione sanitaria 194/78 del Ministero della protezione sociale di maternità e interruzione volontaria della gravidanza – dati annuali).

Dal 1980 il sistema di sorveglianza IVG è attivo presso l’Istituto Superiore di Sanità, che raccoglie e analizza, insieme all’Istat, i dati provenienti dalle regioni e fornisce al Ministero della Salute le informazioni per preparare il suo rapporto e le indicazioni per la buona esecuzione dell’interruzione volontaria della gravidanza e per la sua prevenzione. Dopo un iniziale aumento del fenomeno, che ha raggiunto un massimo di 234.000 IVG nel 1982, in Italia si è registrato un calo: meno di 100.000 interventi dal 2014, grazie anche all’aumento della diffusione dei metodi contraccettivi.

Complicazioni

L’interruzione volontaria della gravidanza è generalmente semplice, sicura e con poche complicazioni associate, come confermato dai dati di sorveglianza. Le principali complicazioni sono:

  • infezione uterina (fino a 1 ogni 10 aborti, curabile con antibiotici)
  • rimozione incompleta del tessuto gravidico (fino a 1 ogni 20 aborti)
  • sanguinamento eccessivo (fino a 1 ogni 1.000 aborti)
  • danno all’ingresso dell’utero (cervice) (fino a 1 ogni 100 aborti chirurgici)
    danno all’utero (in 1 ogni 250 – 1.000 aborti chirurgici e in meno di 1 ogni 1.000 aborti medici)

Le donne che abortiscono non hanno più problemi mentali rispetto a quelle che continuano la gravidanza e l’aborto non aumenta il rischio di cancro al seno.

Avere un aborto non riduce la probabilità di una nuova gravidanza; molte donne potrebbero rimanere incinta subito dopo e quindi, se si desidera evitare una nuova gravidanza, è bene usare immediatamente i contraccettivi, consultare un medico.